
Vi compaiono figure legate e culture precristiane – come l'Uomo Selvatico –, al mondo cristiano – come i Diavoli e il Prete –, alla “attualità” del mondo “moderno”: il Capitano – che guida la processione –, i Carabinieri, che infallibilmente arrestano il Ladro che compie in ogni casa un furto simbolico –, e poi i Brutti, i Matti, per arrivare fino alle figure della Befana, del Babbo Natale... e alle Sposine.
È la raccolta eterogenea e pittoresca delle mille figure che affollano le fantasie, i sogni ed i timori dell'uomo di ieri e anche d'oggi.
Si trattava probabilmente di una cerimonia collegata al volgere della stagione fredda verso il prolungarsi delle giornate, una sorta di festeggiamento precoce della fine dell'inverno.
Ma c'è anche altro: il fatto che l'organizzazione della cerimonia e i personaggi coinvolti fossero tutti impersonati da uomini, Sposine comprese – donne e maritati erano tradizionalmente esclusi – ricollega certo ad una antica tradizione teatrale: la donna ha avuto accesso sulle scene del teatro solo da pochi secoli, anche in contesti ben più urbani e avanzati.
Ma probabilmente si possono anche immaginare collegamenti a certe cerimonie di carattere iniziatico riservate ai giovani maschi della comunità: analogamente a quanto si potrebbe supporre per le feste annuali dei Coscritti.
Ma ecco che, di buon mattino, mentre ancora l'aria asciutta e gelata morde le dita, parte la processione.
Non doveva essere tralasciata nessuna delle famiglie sparse nelle diverse frazioni, salendo fino ai mille e più metri, dove stavano le case più in alto fra quelle permanentemente abitate.
Ad ogni porta la famiglia viene chiamata, si recitano filastrocche, parte qualche sberleffo, nella generale confusione il Ladro si infila in casa e ne esce con sottobraccio l'oggetto del suo “furto” beneaugurante. I Carabinieri con pennacchio sparano, il malfattore cade rovinosamente a terra, il maltolto vien recuperato, il Ladro risorge prontamente per il prossimo furto. La padrona di casa consegna alla comitiva qualche cosa di buono, preparata o messa da parte per l'occasione.
Durante i trasferimenti in processione lungo i sentieri che collegano i casolari, il Prete accompagnato dai Chierichetti fa “prediche” insensate spesso in “latinorum”, le Sposine si raccolgono impaurite fra gridolini e mossette, cercando di difendersi dalle molestie dei Diavoli, rossi, dotati di coda di cavallo, di maschera da caprone e di tenaglie per afferrare gli astanti.
Le altre figure procedono ciascuna col proprio “stile”: i Brutti e i Matti fra lazzi e scherzi ai passanti, l'Uomo Selvatico sempre un po' a parte, fra bosco e sentiero, il Capitano con la sciabola sguainata per impartire ordini... È una serie di piccoli eventi teatrali, in cui ogni “attore”, trasfigurato e disinibito, scopre di saper vivere una seconda vita calandosi nel proprio personaggio.
All'ora della Messa la processione raggiunge la chiesa per la celebrazione dell'Epifania. La chiesa vera, col prete vero. Ma i Diavoli restano sulla porta e invitano gli astanti a disertare, a bere con loro un altro sorso di vino, a cooperare nell'importunare le Sposine e le ragazze che assistono.
Finita la processione, tutti scendono a valle, dove recentemente è nata l'abitudine di proseguire lo spettacolo con l'organizzazione di scenette per coloro che non hanno seguito direttamente l'evento: operazioni chirurgiche fatte da Medici dementi, Pazzi scatenati che distribuiscono bigliettini con freddure e approfittano della propria follia per prendersi gioco di questo o di quell'astante.
La tradizione voleva che poi tutti gli attori si riunissero poi per organizzare un colossale mangiata – che una volta era garantita dalle cibarie consegnate da tutte le famiglie visitate: formaggio, farina per la polenta, castagne peste, qualche salame...
E qui nel fondovalle anche gli spettatori, presumibilmente stanchi, ma partecipi di una manifestazione divenuta ormai eccezionale anche per le difficoltà organizzative che incontra ai giorni nostri, possono prender parte ai festeggiamenti gastronomici, che come tutti sanno in Valchiavenna non mancano.
Insomma, senza volerci addentrare in analisi che dovrebbero avere il supporto di studi etnografici fin qui piuttosto scarsi, la Baütta è una cerimonia antica – un tempo diffusa con molte varianti sulle Alpi – che, almeno in questa forma elaborata e ricca di personaggi, si conserva a Menarola e in pochi altri luoghi. Qualcosa di simile si trova ancora in Sardegna, per estendersi a tutta l'area montuosa dell'Europa Centro Orientale, fra gli Slavi dei monti Tatra e sui Carpazi, dove ancor oggi rimane una tradizione vigorosa. Un analogo "fossile" si trova in Val di Resia, non per nulla abitata da famiglie di origine slava.
Come si vede, potervi partecipare come spettatori itineranti costituisce un'occasione davvero eccezionale.